A te che ascolti la mia voce
distratto dal brusio sottile
e un poco abbassi gli occhi
avvilendo il tedio.
A te che alzi lo sguardo
fissando più lontano
all’orizzonte del tuo tempo.
A te dissimile ed amico
ma differente anima ed ingegno
a te che paghi il pegno
di un divenire tiepido e confuso.
A te che sei l’illuso, sovrano senza regno
che incerto avanza il passo.
A te che costruisci inferni
e minuziose oasi di sereno.
(L’Attimo e l’Essenza)