In quel momento, mentre il suo sguardo seguiva quattro bambini che si allontanavano, Giada decise di andarsene. Seduta su quella panchina fredda, capì che in fondo non aveva niente da perdere, perché niente la teneva ancora legata a una terra di rimpianti. Neppure suo nonno, ormai diventato una lapide di marmo grigio che arredava un cimitero. Cenere alla cenere, vento nel vento. Neppure i ricordi, cattivi come bestie feroci e affamate di gioia. Li tieni rinchiusi in un angolo del cervello, ma ogni tanto mettono fuori il muso e assestano un morso al cuore, lasciandolo ferito e sanguinante. Neppure quattro bambini felici, con un pallone di cuoio tra le mani, perché la felicità è la più grande illusione, soltanto un sussulto inconsapevole che passa in fretta. Molto presto se ne sarebbero accorti anche loro, è una scossa che si allontana alla stessa velocità con la quale è arrivata. Fu allora che Giada decise di riprendere in mano la grossa borsa arancione e partire. Senza una meta sicura, senza una destinazione precisa. Partire e basta, perché chi è privo di radici non può permettersi altro che quello.
(La ragione degli alberi)