Archivio per ottobre, 2016

Dimenticare tutto e seppellire il tempo, quel rincorrersi di sogni e desideri,
una pietra al collo del ricordo e in fondo al mare. E cosa siamo stati? Immagini sul muro, anime, scintille, sudore e pelle? Non basta il tempo perso, bruciato di passione, sangue nel sangue e brividi, due per diventare uno, qualcosa di perfetto e innominabile che avrebbe ingoiato il destino e fatto tremare gli dei? Nubi e cieli, non basta il paradiso, e al diavolo gli occhi, i capelli, la smorfia delle labbra, al diavolo la pelle e il tuo sorriso. Al diavolo quell’angelo che sei.

(Guido Mazzolini)

Fiume versato dalle tue labbra
bevuto come nettare, occhi dentro
e mani e pelle, e cielo in terra
e terra appesa, mentre fugge un attimo
mai più così vicini, mai più così lontani
squarciati dal gemito di un tramonto
aratro e terra, timone e oceano
spezzati dal bisogno di restare
senza parvenza d’uomini, noi
senza bisogno d’altro,
senza domani e sogni.

Guido Mazzolini

Dormivi e la città era calda. Il silenzio fuori, finestre aperte e odore buono. Mi alzai, la terrazza si affacciava sopra i tetti del mondo. Rimasi così, pensando al futuro. Per la prima volta vidi un panorama che si apriva davanti agli occhi, io e la mia idea masochista del presente, dell’oggi come una gabbia che impedisce di aprire le ali. No, quella notte pensai a un futuro nostro e lo vidi possibile. Accarezzai il cane e mi sentii in grado di fare ogni cosa, di attraversare l’oceano a nuoto, di volare in alto e superare il limite dell’universo. Mi sentii forte, completo. Mi sentii vivo. E tutto ciò perché dall’altra parte di quella terrazza d’estate c’eri tu che dormivi, regalando sogni al silenzio della notte.

E non importa quanto dormi o quanto bevi, o quali fianchi cavalchi o verso quale dove o se tiri i remi in barca e ti arrendi all’illusione. E non importa dove finirà il viaggio, o in quale porto getterai l’ancora. Importa chi sei quando ami, e chi ami quando chiedi chi sei.

Guido Mazzolini

Un numero da non perdere quello della rivista Alibi di ottobre. Accoglie variegati esperimenti d’espressione, sempre sul filo del nuovo e del coraggio che caratterizza questa rivista fin dalle origini.

Contiene “Gertrude” un racconto di Guido Mazzolini, angelico e profano, legato a parole sussurrate e coricate sulla sabbia, rabbia capitolina e ricordi da dimenticare, emozioni scadute e andate a male.
Per lettura gratuita:
https://issuu.com/editoremarginalia/docs/alibi_15_online

Questa casa, questo cielo, questi occhi senza te. È una lama affilata che divide il tempo. E sanguino. Te ne sei andata troppo in fretta, non sai quanti silenzi avevo ancora da raccontare.

Guido Mazzolini

Ci alziamo in volo, ci proviamo, siamo esseri senzienti e con l’istinto dell’infinito, naturalmente spinti a non vedere una fine al termine della vita. E il cielo ci accompagna. E ride. E canta.
E spesso la dicotomia ci scandalizza. In basso il fango, in alto il cielo. Noi navighiamo nel mezzo, a volte puntando alle stelle come angeli, altre volte raspando nella melma come maiali. Spesso ci accontentiamo del mezzo, abbandonandoci all’oblio e alla stanchezza cronica. Che poi è l’anticamera del nulla.

(Guido Mazzolini)

Hai scalfito la maschera che un tempo serrava il mio viso,
infelice del mio essere pegno,
bisogno e risposta al tuo niente,
seducendo quell’ingenuità che desiderasti
assetata di me, al tuo povero sempre,
simbolo e meta incostanti,
precarie comparse di tua giovinezza.

(Guido Mazzolini)

Uomo, se per un attimo soltanto
riuscissi ad intuire il divenire
e come lama
ti attraversasse un brivido
il gelo di una fossa
l’aspro sapore della terra,
diventeresti primavera e luce
uomo che fuggi da te stesso
come goccia testarda
che penzola e non cade.

(Guido Mazzolini)