Io canto l’Uomo, solamente il fragile individuo
nient’altro che l’odore di me stesso
e il suono che si smorza a sera. Canto
il folle desiderio di chi vola,
l’istante definito tra le cose
ciò che non era o quasi è in divenire.
Io canto la parola che non disse
il fiore che non colse l’assassino
di solitarie idee. Io canto Ulisse
vascello luminoso di pensiero
lanciato sulla rotta del mattino.
Io canto ciò che vide il primo uomo
ciò che conosco appena, la metafora,
l’ossimoro, l’immagine del Verbo,
il sangue che fluisce ancora. Canto
il tempo che mi canta, le stagioni,
la musica, le azioni, la preghiera
che disilluso innalzo come un grido
nel fraseggiare rapido e confuso.
Guido Mazzolini
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