Ascoltavo Miles Davis, la sua musica nera e impenetrabile, le note spigolose e oscure, piccoli miracoli, ombre disegnate nella magia di una tromba che sillabava il linguaggio dell’anima. Michel Petrucciani fu per me il genio incastrato nella fragilità di un corpo deforme. Il luccichio dei suoi occhi, le stampelle e la voglia di sedersi alla tastiera, i pedali del pianoforte sollevati per consentire alle gambe di raggiungerli. Michel e le sue camicie stravaganti, Michel e i suoi occhiali, le mani piccole e potenti come due colibrì nervosi sulla tastiera. Il suono di un gigante e l’ingenuità di un bambino.
Poi Keith Jarret, Herbie Hancock, Bill Evans e Cick Corea. Count Basie e Horace Silver, chiunque fosse in grado di squarciarsi il petto e donarmi il cuore, chiunque sfiorasse l’infinito con le dita. Pianisti immensi, eccentrici, celestiali improvvisatori, equilibristi sulla corda tesa della tecnica. Li vedevo felici e scanzonati, a differenza dei mostri sacri del pianismo classico, tutti impettiti e seri, stretti nei loro smoking scuri.
Un celeste divenire di Guido Mazzolini (Ed. Montag)
L’ha ribloggato su Alessandria today.
Adoro ascoltare il jazz, che peccato che me ne intenda come di fisica nucleare… ma a volte mi capita di scriverci, in jazz, cosa che trovo davvero fantastica
Piace anche a me! Ciao!!!!
Ascoltare il Jazz è come sognare ad occhi aperti, adoro la musica e purtroppo sono stonato come una campana né sono stato capace di imparare a suonare uno strumento. A San Francisco conobbi un gruppo Jazz/Hip Hop gli Alphabet Soup (sono trascorsi 24 anni e ancora me li ricordo), un mix di strumentale e cantato, spesso improvvisato. Un sogno ad occhi aperti
Bellissimo… Ciao e a presto!
Grazie e se ti va segui anche il mio blog, io seguo il tuo.
Sarà fatto!!!!!