Archivio per ottobre, 2021

Difficile esternare affermazioni che eludano i percorsi del pensiero imperante nell’opinione pubblica. I filosofi del passato sapevano bene che la conoscenza nasce dal discrimine e dal discernimento consapevole. Non è bastato Benedetto XVI a ricordarlo, scagliandosi contro la dittatura di quel relativismo assoluto e imposto dai media, dalla scuola, dalla modernità e dalla globalizzazione intesa come categoria di pensiero. Al contrario, oggi il relativismo è sostenuto pure da molti vescovi e sacerdoti, in questo modo il pensiero debole è diventato un nuovo comandamento, siamo passati dal “cogito ergo sum” al “dubito ergo sum” e all’incapacità di approfondire in coscienza qualsiasi argomento, dal senso della vita al concetto di verità e natura, fino al significato della sofferenza e al bisogno di Dio. Oggi è la tirannia del “secondo me” del “dipende” e del “bisogna vedere”, concetti fumosi che dominano incontrastati, la conseguenza è che ogni ricerca della verità risulta preclusa fino dalle origini, lasciando regnare il “liquidume” dell’indeterminatezza. Non posso discernere, e perciò non posso stabilire i confini e le differenze, tutto è basato sull’arbitrio e sulla maggioranza del consenso. È vero quello che è politicamente corretto e che pensa la maggior parte della gente, attraverso idee inculcate da pochi alla massa. Nulla è sicuro e nulla è conoscibile, ma tutto diventa materia di discussione soggettiva. La verità cambia in base alla latitudine e alla moda, la verità diventa un abito da indossare in base alle occasioni. Attenzione perciò, non pensiamo che il naufragar sia così dolce in questo mare di niente, relativo e indeterminato. Il bene e il male sono solo categorie mentali, modificabili dalla storia? Non credo, e la risposta è chiara, sotto i nostri sguardi distratti e assenti, assuefatti dagli orrori che devastano la quotidianità e che continueranno a stordirci, lasciandoci in balia del nulla a cercare risposte su qualche motore di ricerca, migrando da un consumo all’altro, da un capriccio a una precostituita certezza, bellamente servita già pronta.

Guido Mazzolini

Natura e cultura sono due concetti affascinanti. Il primo è all’apparenza ovvio, non un’idea costruita, ma la semplice constatazione di ciò che circonda. Apriamo gli occhi e veniamo al mondo, diventiamo parte di un universo già costruito e funzionante. Tutto ciò che esiste non ci appartiene e non è stato creato da noi, passeggeri di un viaggio limitato nel tempo, ospiti in una realtà esistente. E questa realtà presenta confini, limiti e caratteristiche ben definite. Il fuoco brucia, l’acqua bagna, è innegabile l’esistenza delle stagioni o della forza di gravità, è innegabile che un bambino nasca dal ventre di una donna. Quanta natura, quanti confini.
Il concetto di cultura è invece frutto di secoli di vita e di storia dell’uomo e si è evoluto al passo con la crescita della nostra consapevolezza. La cultura è relativa al tempo e persino alla geografia, cambia nel corso della storia, rigenerandosi.
Oggi più che mai assistiamo al tentativo di sostituire la natura con la cultura. Si blatera che nascere maschi o femmina non sia opera di natura, ma di cultura e che tramite la consapevolezza la nostra natura si modifica e si assembla in morfologie così paradossali da risultare drammatiche, prima ancora che ridicole. E non esiste il maschio o la femmina. Esiste l’essere umano che può scegliere quale “genere” rappresentare, e tutto in piena libertà e a beneficio di una ridicola rivendicazione di un falso diritto. E questa è cultura.
Mi viene il sospetto che il tentativo scortese di sopprimere il concetto di natura sia una deriva pericolosa di certe ideologie che hanno scardinato l’essere umano dalla propria ontologica verità. È meglio credere di non avere origini e di essere venuti al mondo per caso, liberi totalmente di diventare ciò che il capriccio o la moda del momento ci suggeriscono. In questo modo riusciamo a considerarci frutto del nulla ed è più facile credersi onnipotenti, perché privi di un’origine e privi di una meta. Tristemente onnipotenti e soli, perché chi viene dal nulla è destinato al nulla. E non serve natura, o cultura, per capirlo.
Si parla sempre più di accettazione, di presa di coscienza, di “outing”, ma nessuno parla più di “cammino”, di scoperta, di percorso personale verso la conoscenza di sé e delle molteplici sfaccettature che compongono l’essere umano. L’armonizzazione di “psiche” e “soma” non avviene modificandone una in nome dell’altra. La trasformazione del corpo per farlo coincidere all’idea di sé stessi non permette di andare fino in fondo, indagando il proprio essere. Risolve apparentemente un disagio che è molto più profondo e insito nell’individuo. Il caos contenuto in certe esistenze sconquassate è causato dal tentativo di trasformarsi in ciò che non si è per creare una fasulla chimera, dimenticando la scoperta dell’anima. E quella non ha mai avuto sesso.

Guido Mazzolini

Che cos’è verità? Da sempre l’uomo si è posto questa fatidica domanda, la stessa che – come raccontato nei Vangeli – Pilato rivolse a Gesù prima della condanna a morte. Questa domanda è metastorica e permea l’intera evoluzione dell’uomo, dall’origine fino a oggi. L’arte in generale è la rappresentazione costante di una ricerca della verità, tesa verso valori e significati assoluti che esulino da una mediocrità terrena, limitata nel tempo e nello spazio. Che cos’è verità? Tra le molteplici risposte abbiamo confezionato dei comodi alibi per giustificare la nostra incapacità di trovare una verità assoluta, legata a valori universali. E si dice perciò che la verità non esiste. La nostra incapacità è generata dal fatto che spesso ci accontentiamo di risposte confezionate ad arte e le indossiamo come un abito stretto, deformandole e rendendole “comode” e adatte a noi. Ecco che diventa vero ciò che ritengo essere vero, in base alla mia esperienza o scelta. La mia verità è diversa dalla tua, e spesso è in concorrenza con altre verità. Piccole conclusioni che ergiamo a valore assoluto della nostra vita. È un relativismo legato a punti di vista opinabili e variegati, a considerazioni personali o, peggio, a ricette preparate da altri che facciamo nostre. E quante verità consegnate dalla storia, e subito dimenticate. Quanti miti di progresso che col pretesto di rendere l’uomo libero lo hanno ridotto a un povero animale da soma, utile solo perché produce e consuma. Quid est veritas? Dopo aver rivolto la domanda, Pilato se ne andò, senza nemmeno attendere una risposta. Anche noi ci accontentiamo di una domanda lasciata svanire nel vento. Difficile riconoscere la verità nello sguardo di un condannato a morte, nella figura di un uomo destinato alla croce e al martirio. Eppure Pilato aveva davanti a sé la risposta, la verità fatta persona e divenuta carne e sangue. La verità calpestata dagli uomini fino alla morte. La verità che avrebbe portato una luce nel mondo, destinata a non spegnersi.

Guido Mazzolini

Suona anacronistico e surreale parlare di violenza contro le donne oggi, nel 2021, in un Europa che quotidianamente inneggia al modernismo e al rispetto del diritto. La nostra non è una civiltà di bruti, governati da bercianti santoni vestiti di nero che considerano sacrosanta l’inferiorità della donna. Siamo Italiani, orgogliosamente Europei, nati nella culla di un bel paese uscito ormai da tempo da un medioevo oscuro. Ma è un errore sentirsi al sicuro, al riparo da quel pensiero subdolo e antico che considera la donna sottomessa e silenziosa. Quotidianamente assistiamo a notizie che dimostrano il contrario, e non è sufficiente dire che non ci riguardano, che noi siamo diversi, che in fondo si tratta di un fenomeno di degrado e sottocultura. Non è così, perché tutto ciò che riguarda gli altri deve in qualche modo riguardare anche noi stessi. Un poeta e religioso inglese del 1600, John Donne, scrisse: “La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: essa suona anche per te.” Frase talmente cristallina che l’immenso Hemingway scelse come epigrafe del celebre romanzo “Per chi suona la campana”.
Questa campana di morte suona per ognuno di noi. Siamo parte della stessa umanità e probabilmente il pensiero marcio che dirige l’azione di chi sceglie di fare violenza a una donna ci appartiene. È nostro, l’abbiamo soltanto accantonato, ben nascosto da qualche parte nella coscienza. Due sono le radici principali di questo pensiero. La prima è insita nell’incomprensione, nell’incapacità di riconoscerci diversi e complementari. Uomo e donna, due facce della stessa luna, ma opposte. L’armonizzazione di due estremi non può avvenire semplicemente fingendo un’uguaglianza che non c’è. Uomo e donna sono diversi, fisicamente, mentalmente, psicologicamente. Hanno diversi istinti e differenti bisogni. La grande bugia dell’uguaglianza tra uomo e donna ha portato a pensare a uno stereotipo di umanità asessuata con un identico maschile e femminile, generando un’incomprensione che nega l’accoglienza dell’altro.
La seconda radice è generata da una concezione distorta dell’amore, la stessa spacciata a poco prezzo dai mass media che lo dipingono come una povera gratificazione di sé. Ti amo perché realizzi le mie aspettative, ti amo perché ne ho bisogno per essere felice e per vivere meglio la mia vita. Ecco che il mistero della diversità dell’altro si copre di polvere e si annulla, sviandosi dalla propria luminosa verità. Ecco che ci ritroviamo ad amare un oggetto, qualcosa che ci è utile, che serve e che non serviamo. Ecco che quando questo rapporto malato si incrina e il feticcio d’amore finisce, l’uomo precipita in una situazione psicologica di abbandono, simile al bambino che ha perso un giocattolo. E la rabbia cresce e monta, e può sfociare in violenza.
Dobbiamo riflettere su questi aspetti. La violenza contro le donne è violenza contro l’umanità, perché quando una donna viene picchiata, mutilata, ferita, bruciata con l’acido, costretta a sposarsi o a non studiare, nascosta dietro un burqa, umiliata, offesa, quando succede questo si uccide l’energia stessa della vita e si demolisce una verità naturale e ontologica che, quando dimenticata, porta a scenari tragici e bui.

Guido Mazzolini

Mi raccontò tutto con voce pacata e in un battito di ciglia compresi una realtà che tenevo nascosta ai miei occhi. Avevo cercato di non pensarci più, ma il suo ricordo batteva ancora dietro la nuca. All’inizio lieve, come un tamburo in lontananza, poi sempre più presente e sonoro. Dentro me lo sapevo, non l’avevo dimenticata. E lo sapevano le stelle delle mie notti solitarie, lo gridavano in ogni battito del cosmo.

dal romanzo Un celeste divenire di Guido Mazzolini

Povera terra sbiadita
svilita da barbari guerrieri,
uomini piccoli votati al sotterfugio
al sacrifico delle idee
nel nome di un progresso squallido
che innalza altari di spine al dio del guadagno.
Piccola terra ferita
mano protesa tra l’Europa e l’Africa
ponte di popoli diversi
che marciano in fila
verso un’ombra di gelo.
Povera terra colpita,
ha mani di cera
quel bimbo che guarda
e una domando muta in fondo agli occhi.

Guido Mazzolini

Solamente imprecise
traiettorie di ali
congiunsero ai miei passi
terra e aria per sempre.
Nel gelido avanzare
di un tempo accurato
immane il cielo sparve
abbracciando frontiere
e vuote speranze.
Figlio di troppe madri
mai più getterò sguardi
al di là del presente;
non fisserò lontano
mai più oltre la sera.

Guido Mazzolini

Indosso la tua pelle come un guanto
un saio e un uragano, corteccia breve
le mani che sorreggono la serpe del ventre
un desiderio di purezza e primavera
e il tuo sorriso ritto, umido
sulla mia bocca spalancata.

Guido Mazzolini

Ne abbiamo paura. Fingiamo di non pensarci, accantoniamo l’idea come un frutto avariato in una cesta. Lo mettiamo da parte per non pensarci, lo nascondiamo con emozioni di ogni genere, sensazioni più o meno forti che impregnano il nostro quotidiano.
Il pensiero della morte è il grande assente di questo tempo affrettato, nessuno ne parla, è l’ospite indesiderato, quello che nessuno vorrebbe alla propria tavola. E a volte bussa alla porta, chiede di entrare. È una voce fuori dalla finestra. Succede all’improvviso, una notizia al telegiornale oppure l’automobile che sbanda. E ci pensi, e te ne accorgi. Perché che ti piaccia o no siamo circondati dalla morte. Guerre, violenze, la parte bestiale dell’uomo che prende il sopravvento. E se non bastasse c’è la natura a fare il suo dovere. È la conclusione della vita di tutti, la chiamano morte naturale e suona come un ossimoro. È una cosa che stride nella nostra vita e interroga la coscienza.

Guido Mazzolini