Archivio per agosto, 2022

Mani che cercano, afferrano, stringono. Capaci di colpire o accarezzare. Mani da sarto o carpentiere, sottili da violinista, forti da fornaio. Mani attorno al collo per circuire la vita, mani da pugno, accusa e indice puntato al cuore, bocche che pretendono un possesso, un desiderio, una risposta. Ci arroghiamo il diritto di essere padroni di qualcosa e non è facile cancellare l’equivoco in questo continuo tentativo di contatto, in questo universo di incontri possibili. Poco alla volta, un giorno dopo l’altro, coltiviamo l’illusione che il mondo ci appartenga. E ci convince ogni giorno che arriva, ogni regalo ricevuto dalla vita. Il presente concede spesso l’illusione di esserci per sempre. Siamo campi aridi in attesa della pioggia e quando questa arriva, quando le prime gocce spengono la sete della terra, ecco che cominciamo a diventare predatori. Tratteniamo, non ci accontentiamo del dono, vorremmo possederlo, vorremmo che diventi parte di noi stessi.
L’amore è un fiume che attraversa il mondo e muove l’universo. Scorre da chi ama e attraversa chi è amato. E non si ferma, non si può contenere. Mettere un limite all’amore significa mutarne l’essenza, trasformarlo in un sentimento misero e a misura di uomo, una gratificazione posticcia simile all’egoismo. Tratteniamo ciò che temiamo di perdere e trasformiamo l’amore in paura, dimenticando che ogni cosa, ogni sensazione, verrà risposte con cura in uno zaino che un giorno dovremo abbandonare. Il sudario non ha tasche e in questo detto antico, tipico di qualche vecchio saggio, è racchiusa una verità assoluta. Lasceremo tutto qui, siamo arrivati nudi e ce ne andremo allo stesso modo. L’eternità non ha bisogno di altro, attende la parte più autentica di noi, niente di più. Un mistero che non serve cercare di spiegare o di giustificare. Un mistero che va accolto, respirato, ingoiato, vissuto. Nel silenzio, a cuore e mani aperte.

Guido Mazzolini

Che ne sarà dei sogni, dove andranno i desideri? Forse la voglia di infinito che scuote la nostra imperfezione non è soltanto l’estensione di una coscienza evoluta, ma è carne e sangue da incontrare, è la meta ultima di un desiderio. Forse il bisogno di eternità che squilla nelle orecchie è la voce di ciò che sarà il nostro futuro, come un segnale che dovrebbe essere fiamma vivida, ma che spesso riduciamo a una candela fioca, nella tempesta di un nichilismo che annienta. E a pensarci bene è tutto qui.
Siamo uomini che si illudono di essere dei e che hanno addentato la biblica mela, scordando l’origine. Animali evoluti, foglie staccate dal ramo. Frecce impazzite, dimentiche dell’arco che le ha scagliate a cavalcare stelle e infinito.

Guido Mazzolini

Voleva fuggire da un dolore senza senso, unica certezza di un futuro incerto. Voleva eliminare le lacrime e la sofferenza della fase terminale del suo tumore. Ha chiesto “aiuto” a Marco Cappato che l’ha accompagnata a morire. Così è terminata la vita di Elena Altamira, uccisa da un mix di farmaci in una clinica svizzera. La donna di 69 anni, sposata e madre di una figlia, era ammalata di un microcitoma polmonare con pochissime speranze di sopravvivere.
Mi torna in mente Fabiano – meglio conosciuto come DJFabo – e la sua storia che risale a cinque anni fa. Elena non era appesa a macchinari medici, la sua vita non dipendeva da sostegni vitali. Davanti a lei solo l’attesa di una fine. E in questa attesa terribile si è infilato un silenzio che annienta, circondato da una solitudine disperata.
Le è mancata la speranza più importante, quella che fa andare avanti nonostante tutto, anche al di là della ragione umana. Non voglio perdermi in giudizi bacchettoni, ci vuole rispetto e vicinanza al cospetto di una tragedia così grande, davanti a una donna che incontra una malattia terribile e sceglie di darsi la morte. Sembra che nessuno sia stato in grado di riempire il vuoto, di combattere l’angoscia, tutti sconfitti davanti a un mostro che non si chiama soltanto cancro, ma paura di non farcela, di sentirsi insufficienti e soli davanti al dolore. L’unico “amico” in questa storia sembra essere stato Marco Cappato, che con la solita triste solerzia ideologica si è presentato all’appello diventando accompagnatore dell’ultimo viaggio di Elena. Nessun’altro vicino a lei, nessuna speranza, soltanto il fantasma di un’attesa alla quale porre fine in fretta, per non scivolare arresi verso la morte, fatti a pezzi dalla paura.
Come sarebbero stati gli ultimi giorni di Elena se avesse preso una strada diversa, se non fosse caduta in questa trappola? Ci penso e credo che sarebbero stati giorni preziosi, ricchi e pieni di doni, nella consapevolezza che ogni istante è un regalo da vivere e condividere con i propri cari, giorni pieni d’amore e non vuoti di speranza, in attesa di un nuovo inizio, in attesa di un Altro che ci attende da sempre.

Guido Mazzolini

Certi amori li metti da parte. Sono inutili meteore che passano e lasciano un graffio in cielo, una piccola scheggia nel dito che prude ogni tanto, nelle sere di malinconia quando è bello accarezzarsi le ferite per scoprire se ancora fanno male. E un po’ ti affezioni a quel lieve tormento, un poco ci giochi e ti senti romantico, ti scrolli di dosso gli affanni e ti godi un ricordo falsato, ingigantito sotto la lente del tempo.
Sono amorazzi da rapina, sentimenti come dadi gettati sul tavolo aspettando l’uscita migliore, storie a tempo determinato, nei momenti morti, per riempire una solitudine estiva, ma senza desiderare davvero un futuro.
Certi amori li metti da parte, ma gli stratagemmi del cuore non sono così raffinati e presto ti accorgi che non ne vale la pena, che tutto è stato un abbaglio, e in fondo tra mille avventure posticce è rimasto soltanto chi ti ha tenuto davvero.

Guido Mazzolini