Archivio per gennaio, 2023

Cara donna ti scrivo, così mi distraggo un po’. E che bella sei, che mistero nascondi negli occhi e tra le labbra, nel movimento delle mani, in quel tuo essere diversa e allo stesso tempo complementare. Ancora ti osservo, ammirato e diffidente. Grato per quello che sei e che hai rappresentato, lieto di averti conosciuto, tu l’altra metà della luna, la faccia nascosta che non vedo ma che influenza le maree. Diversa e inconfondibile, madre dei tuoi figli ma anche dei tuoi domani e delle tue idee. Mi piace pensare che l’unione di un uomo e di una donna possa generare un essere nuovo e invincibile, quell’uomo primordiale che un geloso Zeus decise di tagliare a metà, così come racconta Platone nel Simposio. È in questa unione disunita che intuisco la perfezione del tutto. È il progetto insito nella natura e nelle stelle, è il disegno della terra e dell’acqua. È come deve essere. Anche per questo amo la poesia, perché è femminile e come una donna mi ha tenuto tra le braccia, in volo verso un viaggio di irripetibile bellezza. Libertà, finzione, la metrica del verso e l’infinito di una sillaba. Il tutto, il nulla, e io, e tu, e noi. Un viaggio breve alla ricerca di un respiro, quel respiro che ti appartiene e conduce nel punto più segreto di me.

Una buona domenica e una dedica a tutte noi. Grazie Guido Mazzolini

ps: con la camicia bianca sei fichissimo!

In un’altra vita ci siamo conosciuti da ragazzi, incontrati per caso in un punto qualsiasi della nostra adolescenza. Io e te giovani e ingenui, occhi grandi e jeans sdruciti degli anni ‘80, scarpe da ginnastica

E se tutto fosse andato diversamente? Nessuno può saperlo, e forse non vale la pena perdersi nel gioco delle possibilità. Ma esiste un destino e soprattutto abbiamo la possibilità di cambiarlo? Il resto del post si può leggere sulla pagina FB dell’autore, qui

Sei il sogno di un amante che dorme ubriaco sul pavimento. Accovacciato, un braccio a cuscino. Dorme e sogna di te, di quando tutto era più facile e un tuo sguardo scoperchiava cattedrali. Gli manchi ancora, senza un perché. Sogna anche tu, sogna di me che ti sogno.

Guido Mazzolini

…e io sogno di te. Anche di sabato sera.

E.

È il desiderio a muovere il mondo e a tesserne le trame, la voglia di esistere, di possedere, di essere. Ci prende per mano, coinvolti, sballottati come una barchetta di carta in mezzo al mare. È un tumulto che plasma la pelle, che mescola le ossa, accudisce e divide corpo e anima, spaventati dall’assenza di un limite certo, desiderando tutto e sempre più, perché ogni cosa coincida con il nostro essere creatura che ambisce alla gioia. E scaviamo trincee per difendere i nostri desideri, indossiamo armature, cerchiamo consolazioni un tanto al chilo, sempre pronti ad afferrare e a mordere, a trattenere e a perdere. Desideriamo un amore, un lavoro, una gioia, un figlio. Desideriamo salute, costanza, risate e tumulti nel centro del petto. Desideriamo rumore. Desideriamo la vita.

Guido Mazzolini

I miei sono i desideri di una normalissima “ragazza” del secolo scorso: tanta salute, la pace nel mondo e, ultimo ma non ultimo, sposare un miliardario…! Ovviamente sto scherzando, credo che i desideri siano un diritto per tutti e qualche volta anche un dovere. Alcuni sono riuscita a realizzarli, altri sono rimasti nel cassetto dei sogni, ma è bello anche sognare, o no? E i vostri desideri quali sono?

Elena

A 24 anni dalla scomparsa, una breve analisi dedicata a un poeta inimitabile.

Non si può parlare di canzone italiana senza citare Fabrizio De André. Sarebbe un errore, un’omissione colpevole che priverebbe il cantautorato di uno dei suoi maggiori capisaldi e di una colonna che sostenne la poetica di quella “canzone d’autore” che si sviluppò dal 1970 fino alla fine del secolo, e che vide in De André uno dei maggiori maestri. Con il termine “canzone d’autore” si definisce una forma d’arte che invoca l’esistenza di un “autore”, in assoluto inteso come creatore. La canzone d’autore non considera il testo un semplice fenomeno di consumo, ma un canale privilegiato di comunicazione in grado di veicolare messaggi. Dalle sue origini politiche al passaggio a fenomeno di mercato, negli anni ’80 la canzone d’autore abbandonò i temi di rilievo sociale per occuparsi degli aspetti più intimi dell’uomo e contemporaneamente si arricchì di forme e risorse musicali. Dalla politica all’anima, è questo il percorso implodente della canzone d’autore, e anche De André seguì questa direzione “ostinata e contraria”. Le sue radici sono molteplici, da quella scuola straniera che passa da Bob Dylan e Leonard Cohen, approdando poi agli stilemi francesi degli “chansonnier” (Georges Brassens, ma non solo). Radici che hanno sostenuto la lunga carriera di De André, troppo presto interrotta da una malattia che ha privato il mondo della sua voce suggestiva. Come cantautore è stato il primo a sporcare le atmosfere gioiose e rosa della “canzonetta” italiana, scrivendo ballate intrise di realismo e pessimismo, pregne di emarginazione e derelitti, di quelle anime perse e salvate nelle quali De André si è sempre riconosciuto. La sua poetica è ispirata alle ballate medievali, spazia dall’”Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Master ai Vangeli apocrifi, da Baudelaire alla tradizione sarda e alla filmografia di Fellini. Argomenti che hanno seguito in parallelo un’evoluzione mai piegata alle facili mode del momento e ai compromessi. Il linguaggio di De André è quello di un poeta fuori dal coro, una voce malinconica e sincera che insegue la forza splendente e dissacrante dell’ironia e attraverso di essa frantuma ogni convenzione. De André detesta i benpensanti, i farisei, gli ipocriti e i cialtroni, figure metastoriche che attraversano ogni tempo. Il suo è un messaggio luminoso di riscatto, in nome di quella libertà di pensiero che indossa nelle canzoni, come un vestito ormai diventato fuori moda. Difficile spiegare tutto questo alle generazioni di oggi, troppo presto date in pasto a una musica che è soprattutto mercato, glitter, trap e paillettes. Meglio allora lasciar parlare la musica di Fabrizio, la sua voce vellutata e inimitabile. Ascoltatelo, in fondo non serve altro.

Guido Mazzolini

Siamo fragili come fili d’erba, come foglie che penzolano dai rami. E nemmeno lo sappiamo, nemmeno ce ne accorgiamo. Provvisori come una goccia d’acqua che scivola sul vetro, e non possiamo farci niente, soltanto goderci l’attimo che se ne va. Oppure potremmo cambiare la percezione delle cose e imparare a farcene una ragione, ma nemmeno quello sarebbe giusto. Così finiamo per considerare tutto un problema e ragioniamo troppo, quando dovremmo soltanto pensare meno e vivere di più.

Guido Mazzolini

A tutte noi sempre pronte a cavalcare scope magiche, fragili ma fortissime, piene di fuoco e sogni…auguri befane!

Elena&Paola

Da noi a voi, onorate per l’attenzione che sempre dedicate a questo blog che riporta il pensiero e la poesia di un autore che entrambe amiamo alla follia (Elena un pochetto di più…ma non importa!) Un nuovo anno è arrivato, teniamoci strettissimi e non lasciamoci sconfiggere dal pessimismo. Leggiamo tanti libri, amiamo il più possibile, divertiamoci e prendiamo la vita per ciò che è, una splendida avventura piena di ombre ma ricchissima di luci meravigliose. Non perdiamoci di vista, ok? A tutti voi, uno per uno, il nostro grazie e un abbraccio virtuale ma caldissimo. Auguri!

Paola&Elena