Archivio per marzo, 2023

Spesso il desiderio di migliorarti porta a battaglie estenuanti che lasciano stremati e sconfitti. L’idea di sé è il mulino a vento che combatti, irriducibile don Chisciotte, mai sazio di essere in guerra e sempre pronto al sacrificio. Ma c’è davvero qualcosa di storto da raddrizzare? Oppure la tua è un’insoddisfazione di fondo, generata dall’illusione di essere ciò che in realtà non sei? Dici: “Sono egoista, penso solo a me stesso…Dovrei migliorare per essere più aperto agli altri…”. Poi, andando più a fondo, ti accorgi di non essere egoista, ma soltanto spaventato. Hai paura del tuo vicino, hai paura di soffrire, perciò sei egoista. La tua non è una carenza di bontà, ma un eccesso di difesa. E non serve cercare di migliorarti, dovresti soltanto smettere di avere paura, liberandoti dai pregiudizi e da quel concetto di te che frulla nella testa come una farfalla notturna, nera e malevola.

Guido Mazzolini

A tutti voi, buon sabato sera, sfrenato e irriducibile! Elena&Paola

“Ho avuto cielo sulla testa e terra sotto i piedi, aria nei polmoni e acqua da bere, cibo in tavola e due figli che aspettavano il mio ritorno. Ho avuto una famiglia, una madre e un padre, un gatto, un libro di poesie da scrivere e tanta musica da suonare. Tutto intorno a me è stato fonte di bellezza intangibile e nascosta, bastava solo riflettere, guardare oltre, esserne consapevoli.
Penso ai miei figli e penso al dono. Mi concentro sul regalo e gioisco, grato di essere grato. Non è facile essere padre, non lo è mai stato. Devi scardinare pregiudizi, pensieri che invadono le coscienze. Ho sempre cercato di essere un punto di riferimento, precario, a volte instabile, ma comunque un punto fermo, qualcuno di cui i miei figli avrebbero potuto fidarsi.
Mettere al mondo significa fornire i mezzi per vivere e affrontare il viaggio, le scarpe più adatte, i vestiti per le stagioni fredde, un cervello agile e un cuore largo. Oggi guardo con orgoglio i miei figli e credo di aver fatto un buon lavoro. Hanno saldo in mano il timone della vita, ognuno con i propri tempi e i propri mezzi, navigando futuri che nemmeno riesco a immaginare. E va bene così.”

Guido Mazzolini

A tutti i padri, quelli veri, presenti, che amano, che esistono, che mancano. AUGURI!!!!!

Elena&Paola

La mitologia romana racconta che un giorno Cura plasmò la figura di un uomo con l’argilla trovata sulla riva di un fiume. Vide la propria opera e si affezionò a quell’immagine, ne contemplò il viso, le mani, le gambe. Fu così che Cura chiese a Giove di infondere la vita a quel manichino di fango. Il padre degli dei acconsentì alla richiesta e l’uomo prese vita. Ma a chi apparteneva quell’essere meraviglioso? Chi avrebbe dovuto darne il nome, chi ne avrebbe rivendicato il possesso? Cura sosteneva che l’uomo appartenesse a lei che per prima ne aveva plasmato la forma, Giove diceva che la creatura era di chi ne aveva infuso lo spirito. Alla disputa si unì anche la Terra che rivendicò il possesso dell’uomo plasmato dal fango. Per risolvere questa diatriba venne interpellato Saturno che riuscì a mettere tutti d’accordo. Alla morte dell’uomo, Giove si sarebbe riappropriato dello spirito e Terra della materia che ne aveva composto il corpo. Ma a possederlo per tutta la durata della vita sarebbe stata Cura. Proprio lei, quella divinità minore e sconosciuta che per i romani rappresentava il “prendersi a cuore”, ma anche l’inquietudine e la preoccupazione generata dall’attenzione nei confronti di chi non ti apparterrà fino in fondo.

Guido Mazzolini

“La verità abita nella perfezione del tutto, riposa nell’armonia del cielo e della terra. In questo paradigma siamo stati creati come immagine di una sola essenza. L’uomo guarda la donna e si riflette in lei, nella sua diversità complementare, nel suo essere di fuoco e di acqua. Madri, sorelle, mogli, compagne, figlie. Donne in guerra, ma pronte alla resa, troppo spesso costrette a indossare maschere che le privano di una femminilità che gli appartiene, troppo spesso feticci di un mondo ancora nelle mani rapaci dei maschi. Meglio non dimenticarlo, spesso le donne faticano di più, guadagnano meno, sono guardate con sospetto perché indossano un ruolo che spaventa. Altre volte invece la loro femminilità resta nascosta, sepolta da stereotipi che rendono la donna simile all’uomo, snaturata, mascolinizzata, privata della propria essenza.
Donne benedizione della vita, camminano accanto a noi come primavere da scoprire, nutrono, crescono, accudiscono. Non a caso il prendersi cura è femminile, materno, e io -vecchio rudere di un tempo ormai andato- ancora immagino disegni ben definiti dalla natura. Uomo e donna non sono uguali, per fortuna. Pensano diversamente, agiscono diversamente. Uomo e donna nemmeno si assomigliano, ma si appartengono fin dagli albori del mondo e uno completa l’altra in un incastro mirabile. Perciò sono grato alle donne e alla loro bellezza, alla luce che portano, al cielo capovolto che le avvolge. Figlie del tuono, diverse e inconfondibili, donne che mi hanno avuto senza avermi, donne che ho smarrito, donne di salvezza e di rapina. Donne che ho rimpianto e che mi rimpiangeranno.
Per questo ringrazio ogni donna che ha fecondato la mia terra, facendo fiorire germogli meravigliosi di vita.
A Voi tutte, molti auguri”

Guido Mazzolini

A tutte noi, multitasking, passionali, combattive, dolci, sensibili, forti, argute, fantasiose, incredibilmente gnocche dentro. Seppelliteci di mimose, ma soprattutto d’amore e rispetto. AUGURI!

Elena&Paola

Io sono ciò che tocchi
soltanto uno sfiorare lieve
un cinguettio di ciglia
tra notti sospese d’agguato
e fonda reclini la fronte
mentre osservi un vagolare di pensieri
sorgere dal basso e risalire.
Tu sei furore e coppa a mano chiusa,
perla degli occhi, il vaso di una narice
e appendice densa e scura a destra e in mezzo,
spelonca bagnata e galera
quand’ero smarrito e mi hai raccolto
per farmi roteare come un astro
e – lanciato nel vuoto-
diventare punto lontano
perduto universo esploso
in un moltiplicarsi di colori.

Guido Mazzolini

Riporto questa poesia che mi piace moltissimo. Bello pensare di trovarsi smarriti e di avere il dono di qualcuno disposto a raccoglierci.

Elena